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Il costume walser di Alagna è un tipico esempio di abito della tradizione contadino montanara e risponde con efficienza alle necessità pratiche di una vita spesa tra il lavoro dei campi, l’accudire alle bestie e il crescere i figli. L’abito quotidiano era privo di decorazioni, confezionato quasi tutto in mezzalana, un tessuto di colore marrone rossiccio, ottenuto dalla combinazione della lana con la canapa. La confezione veniva eseguita dalle donne in casa ed aveva come obbiettivo il ridurre al minimo gli sprechi, dando origine ad una creazione di modelli con taglia adattabile, che venivano tramandati di madre in figlia.
Dell’abito di tutti i giorni, semplice ed essenziale, poco si conosce, dimenticato negli angoli di una quotidianità cui si prestava poca attenzione. La testimonianza storica di questo modello si deve ad alcuni ex voto del XVIII secolo presenti in parrocchia e in alcune case private. Molto più informati siamo invece sull’abito della festa che arricchisce l’abito quotidiano di davantini, grembiuli ricamati e scialli.
A partire dal 1840 circa il colore predominate dell’abito diviene nero e, in concomitanza con la massiccia emigrazione verso l’estero, mutano sia i tessuti che le decorazioni. Si narra che fosse un evento tragico la causa dell’evoluzione: sembra infatti che alcuni emigranti fossero stati travolti da una slavina di neve nel passaggio delle Alpi lasciando nel lutto molte famiglie di Alagna. Probabilmente il passaggio al colore nero avvenne in maniera meno drammatica; l’influenza dell’emigrazione, che coinvolse gran parte della popolazione maschile dell’800, fece filtrare ad Alagna le novità della moda e determinò il radicale cambiamento delle fogge e dei tessuti. Sul finire del secolo poi, lo sviluppo turistico contribuì ad un ulteriore apertura alle mode europee, che determinò il mutamento dell’abito femminile tradizionale che mantenne tuttavia il carattere di sobrietà e funzionalità caratteristico della gente di montagna.
Il costume si compone di 3 parti fondamentali: il bust- scamiciato a pieghe lungo fino alle caviglie o al polpaccio con una profonda apertura sul davanti; il busard-corpetto decorato e ricamato che si inserisce sotto il bust, e il roky-giacchino che si indossa sopra al bust.
Tra gli accessori: i bellissimi grembiuli ricamati, azzurri, viola o bianchi a seconda dello stato civile, i foulard di lana o di seta frangiati che venivano indossati sopra il roky, e le camice di tela di canapa rifinite con lo scollo a puncetto, il prezioso pizzo ad ago, vanto dell’artigianato locale.
Al capo era dedicata particolare attenzione: cuffie di seta, cappelli in paglia e le “quazze”, un’acconciatura fatta con nastri e spilloni, che ricorda quella di Lucia nei Promessi Sposi. Ai piedi gli “Schokka", i classici scapin valsesiani, caratterizzati, nella versione alagnese, dalla punta quadrata e da un fiocco sulla tomaia.
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