Si dice che la pesca in Valsesia sia garanzia di straordinaria esperienza…..sarà forse per la varietà del territorio, le bellezze della valle, le numerose riserve? Alle acque di fusione del ghiacciaio del Sesia sul Monte Rosa, si aggiungono, lungo il percorso verso valle, quelle dei suoi affluenti, dando vita ad un fiume unico per tutti gli sport d’acqua. Lame, cascate, forre e morbidi avvallamenti si alternano negli itinerari di pesca, lasciando senza respiro i pescatori e regalando angoli di una natura intatta, immersa nel silenzio e cullata unicamente dal suono delle acque.
Le riserve per la pesca a mosca sono distribuite su tutte le valli della Valsesia: Varallo, Scopello, il tratto turistico “Alta Valle Sesia”, Riserva delle Piode, Torrente Egua e Torrente Sermenza. Ognuna con referenti e tariffe specifiche. Le acque sono popolate da varie specie:
“da Alagna a Quarona sono dominanti la trota marmorata e la trota fario, la presenza della trota marmorata e di suoi ibridi con la fario si segnala a partire da Riva Valdobbia e aumenta progressivamente verso valle. Consistente la presenza della trota iridea, sporadica quella del salmerino di fonte. Il temolo, esclusivamente di ceppo padano, è diffuso nel tratto compreso tra Campertogno e Varallo. Questo pesce è soggetto da anni a un’attenta politica di tutela e ripopolamento da parte della Società Valsesiana Pescatori Sportivi.”
Vi è poi tutto il mondo dei torrentelli tributari che si muovono veloci nelle vallette secondarie in un concerto di gorgoglii ad esclusiva della fauna locale. Per chi poi amasse l’accogliente austerità delle montagne, vi sono i laghi alpini dai 2000 ai 3000 metri di quota, dove sono presenti trote fario e salmerini di fonte e dove nelle acque profonde e calme si riflettono solo le cime e le figure dei pochi arrivati fin lassù.
Noi di Alagna proponiamo 2 diversi pacchetti pensati per perscatori appasionati. Nello specifico, abbiamo formulato le seguenti offerte:
1) Pesca alla mosca sul fiume Sesia: trote marmorate, temoli di ceppo padano, trote fario e iridee per giornate di pesca superba!
2) Week end di Pesca sul Sesia: 2 giorni di fiume e relax nelle riserve di Alagna e Piode.
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Pesca Valsesia: la tecnica della pesca alla mosca
Questa tecnica rappresenta la tradizione della pesca in Valsesia. Presuppone una perfetta intesa del pescatore con la natura, le stagioni e il territorio. Quello della “mosca Valsesiana” è un mondo in cui i pescatori curano e studiano ogni dettaglio: la stagionalità, le schiuse degli insetti il colore e la trasparenza delle acque per creare con sete di vari colori e piuma di uccello gli insetti più adatti per attirare la preda.
Pesca Valsesia: la tecnica Valsesiana VS tecnica Tenkara
La tecnica Tenkara e la pesca alla Valsesiana hanno molti punti di contatto e sono quindi molto simili sia per il tipo di canna utilizzata, che per le lenze e per le mosche.
E' davvero interessante il fatto che in due parti così distanti del mondo siano nate e siano tuttora praticate due tecniche di pesca così simili. Nel 2012 è stato fatto un gemellaggio fra le due tecniche con la presenza in Valsesia del Maestro della “Tenkara” Masami Sakakibara!
Breve storia della Tenkara e punti di incontro con la pesca a mosca
La pesca a mosca ha origini antichissime, nasce sia in Europa che in Giappone nei primi secoli avanti Cristo. Le mosche venivano create utilizzando ossa e prodotti di origine animale tra cui corna di cervo e piume di uccello. In Giappone le prime mosche venivano utilizzate per la pesca in mare. Nel periodo EDO (circa 400 anni fa), le mosche venivano usate per la pesca all’ Ayu , “sweet fish” (Plecoglossus Altivelis). Risalgono a questo periodo alcuni documenti inerenti la vendita di mosche per tale pratica. Il pesce Ayu si trova nei fiumi di pianura mentre le tipologie di pesci (Amago e Iwana) pescati con la tecnica Tenkara vivono in torrenti di montagna (a 2000 - 3000 mt di altitudine).
I Matag
Un tempo esistevano pescatori/cacciatori professionisti (Matagi) che praticavano la pesca nei torrenti. Un manoscritto che parla di questi pescatori professionisti è il diario di un console inglese, risalente a circa 120 anni fa, che descrive una scalata sulle Alpi giapponesi ( 2992 m di altitudine). Il console si fece accompagnare dal pescatore Toyama Shinaemon. Nel manosctitto viene spiegato che la tecnica utilizzata da questi pescatori era a mosca. L’attrezzatura da pesca di Toyama Shinaemon si trova tuttora nel museo delle Alpi di Nagano.
Tenkara, pesca a mosca e pesca alla Valsesiana
La fondamentale differenza tra la pesca a mosca inglese e la Tenkara è che nella pesca a mosca si utilizza il mulinello mentre nella tenkara no. Prima dell’invenzione del mulinello, che risale circa al 19° secolo, si usava la canna fissa con la lenza in crine di cavallo intrecciato, come avviene ancora nella attuale tecnica della Tenkara e della pesca alla Valsesiana. I tipi di canne utilizzate in Giappone erano realizzate con diversi tipi di bambù, rigorosamente selezionati per le loro proprietà di leggerezza e lunghezza. La tecnica di costruzione delle canne in bambù avanzò notevolmente verso la metà del periodo EDO (300 anni fa), ciò è documentato in numerosi manoscritti dell’epoca. In quel periodo esistevano già anche le canne ad innesto con i loro appositi foderi per il trasporto (molto simili ai foderi delle spade giapponesi - Saya). Le prime mosche utilizzate nella pesca a mosca erano di tipo sommerso. L’introduzione dell’utilizzo delle mosche galleggianti risale invece agli ultimi 100 anni di storia. Nella tecnica Tenkara non si usavano mai mosche galleggianti. La tecnica Tenkara, inoltre, era esclusivamente utilizzata per una pesca di tipo sussistenziale.
Scopri le meraviglie della Valsesia e goditi una vacanza all'insegna della pesca!
Ormai è primavera e all'apertura della capanna Regina Margherita mancano poco più di 3 mesi. A partire dal 21 giugno sarà infatti possibile tornare ad alloggiare con tutti i comfort (compreso Internet!) in quello che è il rifugio più alto d'Europa, la magica “Capanna” Margherita. Dall'alto dei suoi 4.554 metri, il Rifugio Regina Margherita rappresenta una destinazione esaltante per tutti coloro che amano la montagna, i trekking d'alta quota e i paesaggi immacolati. Ci troviamo sulla vetta della punta Gnifetti, nel gruppo del Monte Rosa (Alpi Pennine), sul confine italo-svizzero tra i comuni di Alagna Valsesia e Zermatt. Il rifugio è qui dal 1893, anno in cui fu inaugurato in pompa magna in presenza della Regina Margherita (da cui il nome). Circa un secolo più tardi (1979), per motivi di spazio ma non solo, la capanna originale venne demolita e al suo posto fu edificato l'attuale rifugio-laboratorio, con all'interno il più alto osservatorio fisso al mondo. Ad oggi la struttura dispone di 70 posti letto in camerata, una sala bar ristorante, bagni in comune, illuminazione elettrica, corrente 220 volt e – grazie al Politecnico di Torino – perfino la connessione Wi-Fi!
La salita alla capanna Margherita richiede una certa preparazione, ma questo non significa che solo i più esperti e allenati possano cimentarsi nel trekking. In compagnia di guide alpine UIAGM, chiunque abbia discrete conoscenze alpinistiche e un'attrezzatura da montagna adeguata può arrivare in vetta in totale sicurezza. Le principali vie d'accesso sono 3:
1) dalla Capanna G. Gnifetti attraverso i ghiacciai del Lys in circa 4/5 ore di cammino interamente su ghiacciaio (percorso classico);
2) dalla Monte Rosa Hutte attraverso il ghiacciaio del Grenz in circa 5 ore di cammino interamente su ghiacciaio;
3) dal Bivacco L. Resegotti per la cresta SE (Cresta Signal). In questo caso l'itinerario alpinistico presenta un livello notevole di difficoltà.
Unirsi a una delle tante escursioni organizzate che si svolgono durante il periodo estivo è la soluzione migliore per vivere la straordinaria bellezza del rifugio Margherita senza alcun pericolo per se e per gli altri.
Noi di Alagna proponiamo 3 diversi pacchetti pensati per gruppi di 4 persone (ma è possibile partecipare anche in meno o più alpinisti). Nello specifico, abbiamo formulato le seguenti offerte:
1) Gita alla Capanna Margherita: 2 giorni di montagna con partenza e ritorno ad Alagna fermandosi una notte alla capanna Gnifetti e raggiungendo il rifugio il secondo giorno.
2) Notte alla Capanna Margherita: 3 giorni di montagna con partenza e ritorno ad Alagna fermandosi la prima notte alla capanna Gnifetti e la seconda nel rifugio più alto d'Europa, capanna Margherita!
3) Salita a piedi alla Capanna Margherita: 5 giorni di montagna e di cammino, dal paese di Alagna fino alle vette del rifugio Margherita.
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Dall’allevamento alla trasformazione.
L’azienda agricola “Valsesia Cashmere” è una realtà che si fonda sul benessere animale, sull’ecosostenibilità, sul rispetto della vita e della natura, e il principio che ci ispira è che è moralmente giusto e materialmente possibile interagire con l’ambiente senza depredarlo, allevare degli animali senza abusarne, ottenere prodotti di qualità senza produrre inquinamento.
ALBERTO E FRANCESCA: fondatori di “Valsesia Cashmere”
Quest’avventura nasce nel novembre del 2008, con l’arrivo in Valsesia dei nostri primi 5 esemplari di Capre Cashmere, ossia Aristotele, Anastasia, Artemisia, Adelaide e Andromeda; a partire da quel momento i nuovi nati verranno “battezzati” ogni anno con nomi che hanno per iniziale la lettera dell’alfabeto successiva all’anno precedente. Dopo un periodo a Campertogno, in alta valle, le capre vengono spostate a Cavaglia Sterna, frazione di Varallo, dove col tempo a loro si uniscono altri animali: api, polli, pavoni, faraone, gatti, e ovviamente un cane da pastore, nella fattispecie una cagnolina di razza Briard di nome Anouk.
La capra Cashmere proviene originariamente dagli altipiani dell’Asia, è selezionata per vivere nei climi freddi ed ostili delle alte quote grazie al suo prezioso sottovello (il Cashmere, appunto) dalle straordinarie proprietà termiche. É una capra molto rustica e di poche pretese, che vuole stare all’aperto in qualsiasi stagione, prediligendo il freddo al caldo, e proprio questo rende il suo vello folto e pregiato; era quindi la razza ideale per vivere con noi a 1.500 metri di quota.
Il secondo motivo è puramente etico. É praticamente l’unica razza in cui nascere maschietto non è una sfortuna; i capretti maschi, infatti, se non servono per la riproduzione, vengono utilizzati per la produzione della fibra preziosa e non rischiano quindi di finire in forno!
C’è anche un altro motivo: quando, nel 2006, abbiamo visto le nostre prime caprette Cashmere ce ne siamo follemente innamorati…
Di qui l’idea di produrre un Cashmere totalmente Italiano, completamente ecologico e sostenibile sviluppando una microfiliera tracciabile dall’animale al prodotto finito.
Gita al Sas D'ot, 40' dal Ponte Gallo di Riva. Gita al balcone su Riva e il Monte Rosa, passeggiata in uso ai primi del '900 quando gli alberghi di Riva erano soliti organizzare in questo luogo pic nic e pranzi all'aperto. Vago nel bosco, un passaggio m'attrae attraverso il dirupo E mi prende il ricordo, d'esser stato già qui in altri tempi, dimenticati Un brivido lieve, il frusciar di una gonna un profumo di viola.
Varco la porta, e sono immerso in morbidi muschi. Velluto adagiato sulla vita che scorre. Dove son muri, prima eran coltivi che prima eran boschi, e nuovamente lo sono Così gira la ruota del divenire.
L'ombra del fitto si dirada alla luce Ora lo so, qui dovevo arrivare. Sulla valle è un balcone, di larghe vedute.
E ricordo le feste, il gelato, e le trine. Mi aggiro pensante, con passo lieve. Se ancor fossi fungo apprezzerei l'intenzione.
Dove sotto eran prati, e mucche festanti ora son case senza campane. Se coltivi qualcosa lo devi curare sennò sono erbacce, che dan poco raccolto.
Ma eccolo il quadro e la cornice di rami, per vederlo un pochino mi devo addestrare... era più aperto nel profumo di viole ...
Ma il costone è ancor lì, che mi guarda di fronte e saluto quel cirmolo, che ha un falco tra i rami Solo tra i tanti, anche lui sul burrone un cuore esitante.
Giovanni Enzio
Per me andare a Otro è, ogni volta, un’emozione nuova, un mondo dove ritrovare me stessa, immersa negli armoniosi contrasti cromatici e suoni della natura che mi fanno entrare in simbiosi con tutto.
Era da mesi che non andavo a Otro, mi mancava e di recente ci sono tornata con un amico che non conosceva la valle, un’esperienza nuova che mi ha dato tanto nel poter trasmettere ciò che è per me la montagna, e la Val d’Otro in particolare.
Siamo partiti da Alagna in una splendida giornata autunnale, di quelle in cui l’aria
è intrisa di luce che fa risplendere i colori e di profumi tipicamente ottobrini.
Imboccato il sentiero n° 3 in Frazione Reale Superiore, nel bosco che accompagna fino alla piana si era avvolti dal brillare del sole tra le foglie ormai dorate, d’improvviso la scoperta della bellissima decorazione su un pietra raffigurante la Madonna ed una storia a Lei legata: “il Sasso della Madonna” che recita
“La Madonna ascoltò le loro preghiere e si caricò di tutti i loro fardelli.
Erano così pesanti che appoggiando la mano sul sasso per alzarsi,
lasciò per sempre la sua impronta”
La salita continua fino ad arrivare nella piana dove, dove ci si trova in un anfiteatro naturale, accolti dalle mucche al pascolo, ormai scese dagli alpeggi più a monte, e non solo … il fascino delle baite Walser, immutate nel tempo porta sempre ad incantarsi nell’ammirarle.
Qui abbiamo percorso il classico giro tra le frazioni, partendo da Follu, per poi raggiungere Dorf con la sua splendida fontana monolitica. Quindi a Scarpia e a Pian Misura, l’alpeggio di Otro, per poi riscendere diretti a Ciucche e poi a Fellerech dove stavano ristrutturando una baita nel totale rispetto dell’architettura Walser della vallata.
Difficile è stato lasciare quei luoghi ed incamminarsi verso Alagna, perché Otro sa dare emozioni nuove ogni volta che la si visita.
Gabriella Berlanda
Se volete fare una bella camminata al di fuori degli itinerari più noti e frequentati vi consiglio di provare a salire in Valpiana, un alpeggio nel comune di Mollia. Il percorso è molto suggestivo e si prende al di là di questa chiesetta, di fronte alla frazione Buzzo di Riva Valdobbia. Il sentiero è segnalato con il numero 80
Nel primo tratto il sentiero si inerpica ginnico lungo un erto dislivello di 900 metri, con una gradinata sapientemente realizzata che supera i balzi rocciosi aggirandoli sulle cenge naturali presenti
Dove non era diversamente possibile il sentiero è stato intagliato nella viva roccia; nel complesso risulta ben visibile, solido e ben costruito.
Resto ammirato nel considerare il tanto lavoro che è stato necessario per realizzarlo quando era "fame d'erba"
A quota 1.450 metri si incontra questo antro, scavato sotto un grande masso.
Ci sono entrato, e mi sono sentito come un topolino dentro una di quelle trappole che se appena tocchi qualcosa di sbagliato ti casca il soffitto addosso ...
Poco oltre, alla destra del sentiero, sgorga una fresca sorgente d'acqua. Alla quota 1.540, su una balza erbosa che si affaccia a strapiombo sul fondovalle, si incontra l'alpe Giacetto con i suoi maestosi frassini a candelabro
Questi alberi un tempo venivano devotamente coltivati nei pressi dei casolari, e annualmente venivano potati per utilizzarne il fogliame, che era considerato un utile foraggio integrativo per gli animali, e le frasche venivano utilizzate per alimentare un fuoco vivace per scaldare il latte e fare il formaggio
Questa ripetuta pratica ha fatto assumere ai frassini la caratteristica forma a candelabro, Lungo tutto il percorso la dimensione verticale regna sovrana
Sul lato opposto della valle è visibile il pianoro e il casolare dell'alpe Otgnoso
Sullo sfondo svetta il Corno Bianco e biancheggia il nevaio di Puio.
Sul lato opposto della valle è pure visibile il pianoro e i casolari dell'alpe Ghiaccio, incastonati tra ripide pareti rocciose
A quota 1.700 le latifoglie lasciano posto alle conifere
Sullo sfondo l'erto bastione roccioso della Punta Parete, regno e rifugio di aquile e camosci. Il giardiniere che si prende cura di questo versante è proprio un grande artista, e colori e profumi si mescolano armoniosi nell'aria. Siccome non hanno ancora inventato una macchina profumografica posso solo raccontarvi la luce, per gli aromi mi affido alla vostra immaginazione ...
A quota 1.830 termina la salita del versante Valsesiano e si apre la visuale verso l'erba della Valpiana
Sulla cresta di sfondo, al centro, è visibile lo stretto intaglio chiamato il "buco del tuono"
Qui si trova un morbido panettone erboso che si affaccia a precipizio sui paeselli del fondovalle.
Una "possa" è d'obbligo per rimirare il vasto panorama e riprendere fiato
Da quassù mi viene da meditare sulle parole "valligiano" e "montanaro" e coglierne la sottile differenza, soprattutto in fatto di orizzonti.
Lascio il morbido panettone che ha ospitato il tranquillo spuntino della mia "possa" e intraprendo la seconda parte della camminata.
Ora il sentiero si inerpica per un ultimo tratto lungo una cresta rocciosa assai vertiginosa ma comunque agevole e ben percorribile. Il paesaggio mi assorbe, così mi sento un po' roccia silente che si crogiola al sole, e un po' gallo forcello infrattato tra i cespugli, fiducioso di poter sfuggire anche oggi alla zampata dell'aquila.
Il Passo della Cricca è collocato sulla sommità di questo sperone
Non ho dubbio nel pensare che percorsi alternativi sarebbero stati comunque più difficili da realizzare Giusto per ricordare che stiamo salendo in Valpiana il percorso gioca a fare equilibrismo sulla dorsale tra i due opposti strapiombi, ed ecco l'ometto del Passo della Cricca, a quota 1.910 metri, la porta della Valpiana, che come potete vedere di piano ha proprio solo il nome, Intanto laggiù il "buco del tuono" sta cambiando di umore (18)
Nel fondovalle, in basso a destra, 900 metri più sotto, le case della frazione Buzzo mi ricordano da dove sono partito
Un poco più a sinistra è riconoscibile il ripido intaglio del Croso del Diavolo, detto anche Rio del Pecà ... chissà perché ...
E con questo ultimo tratto in equilibrismo tra i due versanti lascio la vista del fondovalle
Da qui in poi è tutto e solo "Valpiana"
Oltre questa dorsale si trovano i casolari dell'alpe Valpiana.
Mi volto indietro, e considero che effettivamente il sentiero in questo ultimo tratto è diventato pianeggiante, ancorché aggrappato sul ripido pendio. Alla sinistra dell'immagine è visibile il morbido panettone che ha ospitato la mia "possa" e poco più a destra è visibile il pinnacolo del passo della Cricca, entrambi a precipizio sul profondo intaglio scavato dal rio Valpiana. Ed ecco apparire i casolari dell'alpe Valpiana
Là in alto le nuvole ora nascondono il "buco del tuono" e mi rendono un poco timoroso e inquieto, so che se vogliono possono diventare demoni
In basso resiste un nevaio di accumulo di valanga; siamo alla fine di settembre, forse quest'anno riuscirà a sopravvivere all'estate e ricongiungersi all'imminente bianco dell'inverno
E' così che nascono i ghiacciai, ed io tifo per lui, magari riuscirà a crescere quel tantino sufficiente a far abbassare un po' le penne al distruttivo dilagante spadroneggiare umano Nella semplicità costruttiva dei casolari ammiro questa porticina pazientemente ricavata con punta e mazzetta dalla viva pietra
La cantina del formaggio.
Ai tempi della mia infanzia questo alpeggio ospitava mucche da latte di razza "antica" piccole e agili come capre
Ma ora gli umani preferiscono mucche esigenti, grosse e pesanti, impossibili da portare quassù, così questo alpeggio è diventato regno di capre e pecore.
Per la pausa pranzo scelgo di raggiungere l'acqua che scorre poco distante
Sul percorso incontro un recinto in pietra, fatto per liberare un poco di prato dai sassi, e diventare comodo ricovero notturno delle greggi
Il tempo di apparecchiare ed ecco scendere una pioggerellina leggera, di quelle che non bagnanoLe nuvole si stanno facendo più scure, e so che il "buco del tuono" non ci mette niente a risvegliarsi, così gli cantiamo una canzone, in allegria, magari per questa volta ci vorrà graziare ...
La mappa del percorso, tratta da OpenStreetMap
Un bel racconto sui pastori di Valpiana lo potete trovare qui