Un’economia straordinaria che trova nella rivalutazione delle Baite Daverio la spinta per non dimenticare.
Nel processo di trasformazione dell’economia medioevale, l’influenza dei monasteri e la presenza dei signori feudali, che diedero impulso ai commerci transalpini, favorirono l’insediamento dei coloni walser dell’alta Valsesia a partire dalla seconda metà del XIII secolo. La fondazione delle colonie walser di colloca all’incirca verso il 1285, anche se non sono stati rinvenuti documenti, che lo possano attestare con sicurezza. Di certo nel trattato di Brusson del 1270 non si fa cenno dell’esistenza di insediamenti walser negli alpeggi di Pietre Gemelle. Lentamente, tra la fine del ‘200 e gli inizi del ‘300, gli antichi pascoli dei monasteri, in particolare le stazioni di fondovalle, si trasformarono in stabili villaggi walser. La testimonianza più antica è del 1302, relativa ad colono di Pedemonte “Anrigeto alemanno di Apud Mot” che costituiva con atto notarile la dote per la figlia, con l’obbligo per il genero Pietro Gualcio di partecipare alla conduzione dell’azienda agricolo-pastorale della famiglia.
La comunità tendeva ad avvicinarsi ad un regime di autosufficienza, importando dal piano solo generi alimentari indispensabili, e non producibili in loco. Il denaro circolante nella comunità era essenzialmente quello ricavato dall'emigrazione.
La distribuzione logistica degli abitati rispecchiava questo modello autarchico: le case, molto vicine tra loro, tanto che i tetti arrivavano a toccarsi (perchè il passaggio tra una casa e l'altra non fosse impedito dalla neve durante l'inverno) erano circondate dai relativi pascoli e campi; ogni frazione era provvista del proprio forno per il pane, della fontana e di una cappella; ogni gruppo di frazioni aveva nelle vicinanze un mulino. Lo sfruttamento del territorio era regolato in modo che non si verificasse mai un sovraccarico di animali o persone, che avrebbe impoverito la zona a scapito di tutti.
La comunità era organizzata con un sistema misto di proprietà privata e fondi comuni: i pascoli intorno alla frazione o all'alpeggio erano comuni, ed ogni frazionista poteva parteciparvi in modo proporzionale alla quota posseduta; ancora, qualora un forestiero volesse stabilirsi in una frazione, era necessaria l'approvazione di almeno due terzi dei frazionisti, oltre al pagamento di una somma da versare nella cassa comune. Altrettanto democraticamente si procedeva per la spalatura della neve, per l'utilizzo del forno per il pane ed il mulino. Un sistema a rotazione garantiva parità di trattamento a tutti i frazionisti. Per la costruzione di una nuova casa, ogni persona - vecchi, bambini e donne compresi - contribuiva in proporzione alle proprie forze e alle proprie capacità ai lavori, che in questo modo potevano procedere velocemente e con una modica spesa per il proprietario.