Quelli che hanno avuto la fortuna di conoscere l’ingegnere Arialdo Daverio lo ricordano come un professionista edile di altissimo valore, studioso di storia dell’architettura ed urbanista.
Nato a Novara il 13 dicembre del 1909, si laurea al Politecnico di Milano nel 1933 in Ingegneria Industriale e Meccanica. Si rivela nel 1940 tra i più documentati e competenti studiosi dell’architetto Antonelli, pubblicando l’anno dopo un volume fondamentale: “La Cupola di san Gaudenzio”. E’ stato anche presidente della Fabbrica lapidea di San Gaudenzio.
Negli anni Sessanta fu l’infaticabile “eminenza grigia” di Italia Nostra, associazione cui ha dato molto del suo tempo libero e del suo amore per l’arte e la storia di questo nostro Paese.
Era scapolo e vegetariano, quasi astemio. Libero da pregiudizi e superstizioni, limpido, modesto, schivo, cortese, è vissuto con una concezione della natura e del posto dell’uomo in essa, simile a quella buddhista. Non possedeva la patente d’auto, si spostava in treno, in bicicletta con una curiosa “Graziella” con tanto di specchietto retrovisore e targhetta con il suo indirizzo).
L’altro suo grande amore fu la montagna, le ascensioni, gli studi sulla comunità Walser. Raggiungeva Alagna in corriera, con lo zaino sulle spalle e l’immancabile gatto.
Col passare degli anni i suoi interessi infatti si orientano sempre più verso l’architettura rurale, la salvaguardia ed il rilancio turistico delle zone montane: la Val d’Aosta, la Svizzera e in particolare la Valsesia.
Proprio ad Alagna fissò la sua residenza promuovendo il rilancio della valle e soprattutto la salvaguardia della cultura e delle case Walser, della cui architettura diventò grande esperto. Acquistò una baita a Pedemonte di Alagna dove si stabilì definitivamente negli anni Ottanta. Qui si dedicò quasi esclusivamente al recupero delle baite della comunità Walser, collaborando alla nascita del museo Walser di Alagna, valorizzando con i suoi scritti le antiche superstiti architetture. Si dedicò a un censimento descrittivo e fotografico dell´architettura walser, pubblicando poi nel 1985 il saggio “Alagna Valsesia – Censimento delle antiche case in legno”, edito in veste tipografica modesta a cura dalla Regione Piemonte e successivamente pubblicato come libro nel 2005. Gli studi effettuati portarono nel tempo alla salvaguardia di più di duecento costruzioni walser, acquistate o donate a fini museali/documentari.
E’ morto ad Alagna nel 1990, a 81 anni e qui è sepolto. La sua lapide in legno rappresenta una casetta walser sulla quale si legge: Arialdo Daverio Novara 1909 Alagna 1990 UN UOMO. Da allora tutte le lapidi del cimitero di Alagna furono realizzate in legno ad imitazione delle architetture walser; tassello non voluto, del percorso di riconoscimento dell’architettura Walser, da lui avviato
I suoi beni terreni, le sue baite, il suo patrimonio personale (circa 500 milioni in titoli bancari) ed il suo archivio privato, vennero per sua volontà donati all´Unione Alagnese.
Tracciare la storia di questo personaggio non è semplice poiché fu uomo complesso di grande sensibilità e cultura. Chiunque si occupi di architettura alpina avrà avuto modo di leggere di lui e le sue pubblicazioni. Ma tracciarne la vita di uomo è difficile perché il tempo incalza e le notizie e gli aneddoti si perdono. Ciò che però maggiormente incuriosisce, cercando le tracce di Daverio è l’aspetto umano. Abbiamo avuto più volte occasione di entrare nella sua casa ricolma di libri lungo tutte le pareti e da terra al soffitto. Non ricordiamo uno spazio libero! Per il resto arredamento monacale essenziale. Testi e massime appese alle pareti. All’apparenza serioso, schivo e burbero come alcuni uomini di montagna fra i quali aveva deciso di trascorrere parte della sua vita, qualcuno lo descrive “fobico”, perché estremamente guardingo nei confronti di chi non conosceva perché temeva qualsiasi forma di disonestà e corruzione.
La sua sensibilità architettonica forse non fu compresa in un primo momento. Si scontrò con lo sviluppo turistico che portava i proprietari di case walser a chiudere parte dei magnifici lobbiali e trasformarli in verande. Lui odiava le verande. Un certo tipo di sviluppo locale mal si sposava con l’innamoramento di Daverio per la straordinaria architettura walser.
Caparbio e determinato, con il tempo fece breccia e risvegliò la sensibilità e l’orgoglio negli alagnesi per il ricco patrimonio materiale ed immateriale locale. I suoi studi sull’architettura walser lo portarono ad assimilare i lobbiali delle baite di Alagna ai moduli dell’uomo Vitruviano, riconscendo nella casa Walser, messa a confronto con i templi greci, il tempio dell’uomo modulato sul tempio del dio.
Fu benefattore; sappiamo che pagò gli studi a Novara alle ragazze di una famiglia alagnese e che fece molte consulenze e progettazioni per ristrutturazioni a titolo assolutamente gratuito.
Amava i bambini, a loro era permesso tutto: si faceva tagliare i capelli dalle ragazzine che vivevano nei pressi di casa sua e permetteva loro di fare scherzi telefonici dal suo telefono.
Emilio Stainer, storico decano della comunità Walser di Alagna, che fu amico di Daverio, lo paragona al Ruffiner. Ciò che Ruffiner riuscì a fare nel vallese nel ’500 fece Daverio ad Alagna negli anni ’70 ed oltre fino alla morte, suggerisce Stainer
Morì ad Alagna lasciando la sua casa di Pedemonte, le case di Scarpia ad Otro, un importante archivio librario e un fondo in denaro ad Unione Alagnese Il suo corposo e ricco archivio dedicato all’archiettura Walser si trova oggi nella sala a lui dedicata presso l’edificio di Unione Alagnese, la parte invece relativa agli studi sull’Antonelli è stata donata nel 2017 alla città di Novara ed è consultabile presso Biblioteca civica cittadina “C. Negroni” nella sezione Daverio.